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Legge di Hubble

La Legge di Hubble è una legge astronomica empirica di fondamentale importanza per la cosmologia: essa afferma che le galassie si stanno allontanando da noi, e che la loro velocità di recessione è proporzionale alla loro distanza.

In forma matematica la legge di Hubble può essere espressa come

v = H0 D
dove v è la velocità di recessione, D è la distanza e H0 è la costante di Hubble, sul cui valore si è lungamente dibattuto, fino ad arrivare al valore oggi comunemente accettato di circa 70 km/s per Megaparsec di distanza (vedi anche più avanti).

Table of contents
1 Scoperta
2 Implicazioni cosmologiche
3 Il valore della costante di Hubble
4 Il parametro di Hubble e l'età dell'universo
5 Bibliografia

Scoperta

La legge di Hubble fu scoperta nel 1929: confrontando le distanze delle galassie più vicine con la loro velocità rispetto a noi (misurabile assumendo che il loro redshift sia dovuto al loro moto), l'astronomo Edwin Hubble trovò una relazione lineare fra le due grandezze. All'epoca del suo annuncio questo risultato era in realtà piuttosto dubbio: Hubble aveva sottostimato gravemente jasdj asd gli errori di misura, al punto che se oggi si ripetesse la sua analisi sul medesimo campione di oggetti, usando però i dati più aggiornati per le loro distanze e velocità di recessione, non si otterrebbe un risultato statisticamente significativo, poiché le galassie considerate sono eccessivamente vicine a noi. Questa incertezza si manifesta nel fatto che il valore oggi comunemente accettato per H0 è circa 10 volte inferiore a quello inizialmente stimato da Hubble stesso. Ciononostante, il fatto che fra distanza e velocità di recessione esista una relazione lineare è stato ripetutamente confermato da tutte le osservazioni successive.

Implicazioni cosmologiche

È importante notare che il fatto che le galassie si stiano allontanando da noi non implica affatto una posizione privilegiata della Terra nell'Universo, poiché una legge formalmente identica vale per tutti i possibili punti di osservazione (cioè, se noi fossimo in un'altra galassia, ritroveremmo esattamente la stessa relazione fra velocità e distanza).

Inoltre, è possibile ricavare matematicamente la legge di Hubble se si assume che l'universo si stia espandandendo (o, se la costante di Hubble fosse negativa, si stia contraendo), e che l'Universo sia omogeneo (cioè che tutti i suoi punti siano mediamente uguali).

L'importanza storica della legge di Hubble sta appunto nell'aver eliminato tutti i modelli statici di Universo, che fino ad allora erano largamente favoriti (l'esempio più famoso di questo pregiudizio fu l'introduzione arbitraria da parte di Einstein di una costante cosmologica nelle sue equazioni, allo scopo di rendere statico l'universo che esse predicevano), anche se cominciavano a nascere dubbi al riguardo: ad es. nei primi anni '20 i teorici Alexander Friedman e Georges Lemaître avevano già proposto modelli cosmologici nei quali l'Universo evolve.

Dopo la sua scoperta di Hubble le teorie che assumevano che l'universo fosse nato da un Big Bang si fecero prepotentemente largo, anche se fino alla fine degli anni '60 la teoria dello stato stazionario restò una seria possibilità.

Il valore della costante di Hubble

Già pochi anni dopo l'enunciazione della legge di Hubble, ci si rese conto che il valore di H0 indicato da Hubble era eccessivamente elevato (ad esempio perché Hubble aveva confuso due diversi tipi di indicatori di distanza), ed esso fu continuamente rivisto al ribasso.

Questo processo di revisione diventò però oggetto di una lunga e accesa controversia fra due "partiti", "capeggiati" da Alan Sandage) e da Gérard de Vaucouleurs che proponevano due valori diversi e sostanzialmente incompatibili: circa 50 km/s/Mpc per Sandage ed i suoi "seguaci", e circa 100 km/s/Mpc per de Vaucouleurs.

La controversia era così accesa che i cosmologi teorici, per evitare di prendervi implicitamente posizione, hanno spesso parametrizzato il valore della costante di Hubble, utilizzando il simbolo h, definito come h=H0/(100 km/s/Mpc), di cui si diceva semplicemente che era compreso fra 0.5 ed 1.

Il problema della misura della costante di Hubble è stato sostanzialmente risolto solo negli ultimi anni, quando misure effettuate con il Telescopio Spaziale Hubble hanno fornito una stima di H0 = 72 +/-8 km/s/Mpc (Maggio 2001), confermata poi da diverse altre osservazioni indipendenti: ad esempio, le osservazioni della radiazione cosmica di fondo condotte col satellite WMAP (2003) hanno fornito un valore di H0 pari a 71 +/-4 km/s/Mpc.

Il parametro di Hubble e l'età dell'universo

Va notato che in quasi tutti i modelli cosmologici (ed in particolare in tutti quelli basati sull'ipotesi del Big Bang, cioè praticamente tutti quelli attualmente ritenuti possibili) la costante di Hubble è costante solo nel senso che se in questo momento noi ripetessimo la sua misura in qualunque altro punto dell'universo, otterremmo il medesimo valore. Questo valore però evolve nel tempo. Per limitare la confusione, solitamente si usa il termine parametro di Hubble al tempo t (indicato con H(t)), mentre con costante di Hubble si intende il valore attuale.

L'evoluzione di H è dovuta agli effetti della gravità (la forza gravitazionale della materia presente nell'universo tende a rallentare l'espansione) e della cosiddetta energia oscura (dark energy), che invece tende ad accelerarla; la cosiddetta costante cosmologica sarebbe una forma particolare di energia oscura). Misure condotte in anni recenti (a partire dal 1999) sembrano indicare che l'espansione dell'universo stia ora accelerando, dopo una lunga fase di decelerazione successiva al Big Bang.

Dal valore di H0 è anche possibile ricavare un'ordine di grandezza per l'età dell'universo e per le dimensioni della parte che noi possiamo osservare: in tutti i modelli cosmologici che assumono un Big Bang infatti il tempo intercorso fra il Big Bang e l'epoca attuale è dato approssimativamente da 1/H0 = 13.7 +/- 0.8 miliardi di anni (dove si è usato il valore di H0 trovato da WMAP). Per una valutazione più precisa dell'età dell'universo è necessario conoscere una serie di altri parametri cosmologici; ad esempio, utilizzando congiuntamente tutti i valori misurati da WMAP si trova un'età di 13.4 +/- 0.3 miliardi di anni.

Una volta nota l'età dell'universo, e accettando l'assunzione che la velocità della luce sia costante, è banale trovare che non ci è possibile osservare oggetti più lontani dello spazio percorso dalla luce durante l'intera vita dell'universo, ovvero circa 13 miliardi di anni luce (4.3 Gigaparsec).

Bibliografia


Fisica
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